Per una sorta di convenienza economica e per l’esiguità delle regole da rispettare, spesso le attività imprenditoriali prendono la forma di attività di volontariato. Ma anche lì non bisogna dimenticare che alcune cose, come i rimborsi forfettari, devono essere sottoposti a tassazione.
La Corte di cassazione con ordinanza 23 novembre 2015, n. 23890 ha stabilito quanto segue:
Sono assoggettati a imposizione gli esborsi erogati dall’associazione di volontariato perché devono essere considerati compensi e non rimborsi di spese, atteso che i rimborsi possono mascherare l’erogazione di compensi, e in definitiva, un sotteso rapporto di lavoro.
La legge di riferimento
Per affrontare il problema, si premette che la disposizione qui dirimente è l’articolo 2, comma 2, della legge 266/1991, secondo cui “al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di appartenenza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse”.
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La prima parte di tale disposizione significa che non possono essere considerati rimborsi di spese e, quindi, vanno qualificati come compensi soggetti a tassazione, gli esborsi erogati dalle associazioni di volontariato ai propri associati a titolo di rimborso forfettario, ossia senza specifico collegamento con spese, singolarmente individuate, effettivamente sostenute dai percettori.
La seconda parte della norma va intesa invece nel senso che non possono essere considerati rimborsi di spese gli esborsi erogati ai propri associati, qualora gli stessi eccedano “i limiti preventivamente stabiliti dalle organizzazioni stesse”, laddove, però, tali limiti non vanno individuati nell’importo iscritto nel bilancio preventivo dell’associazione come contributi agli associati.