Prosegue il calo dei prezzi del petrolio. Alla base del movimento che sta conducendo i prezzi del greggio Usa vicino alla soglia dei 40 dollari, vi è un contesto di mercato che sconta contemporaneamente un calo della domanda, dato dall’ormai innegabile rallentamento dell’economia cinese, e un atteso incremento dell’offerta di greggio nei prossimi mesi sulla scorta dell’accordo con l’Iran che ha reso accessibili le sue riserve.
L’economia cinese, come sottolineato dal Fmi lo scorso 14 agosto, sta avendo un movimento di per sé fisiologico in un’ottica di crescita a lungo termine che sarebbe altrimenti insostenibile al 7%. Tuttavia, ciò che spaventa maggiormente è la difficoltà fronteggiata dalle istituzioni nel determinare e implementare quelle politiche che permetterebbero all’economia cinese di avvicinarsi gradualmente a livelli sostenibili di crescita che per quest’anno dovrebbero essere tra il 6,5% e il 7% e l’anno prossimo tra il 6% e il 6,5%.
Dall’altro lato, l’aumento dell’offerta dopo lo stop alle sanzioni nei confronti dell’Iran potrebbe essere massiccio. Come è già stato reso noto all’indomani dell’accordo, le scorte del Paese medio-orientale ammontano a circa 900 milioni di barili al giorno, una quantità più che sufficiente a creare dei movimenti significativi del prezzo.
Inoltre, come riferito dal ministro del petrolio iraniano, il Paese ha intenzione di investire circa 185 miliardi di dollari in progetti oil&gas, che potrebbero permettere al settore di tornare a produrre circa 4 milioni di barili al giorno, livello mantenuto stabilmente negli anni pre-crisi.
Sullo sfondo di questo scenario macroeconomico, oggi il prezzo del greggio Usa rimane vicino alla soglia critica dei 40 dollari al barile, superata la quale gli economisti non escludono una discesa fino a quota 35-33 dollari al barile, con il Wti a 41,03 dollari al barile, sopra il minimo degli ultimi sei anni e mezzo a 40,20 dollari al barile. Mentre il Brent si attesta a 46,02 dollari il barile dopo aver oscillato fra 46 e 46,51 dollari.
Di riflesso sul mercato milanese Eni e Tenaris rimangono sotto pressione, con un calo, rispettivamente, dell’1,29% e del 2,21%. La prima viene da sei sedute consecutive al ribasso, la seconda da quattro. Oggi, invece, la controllata di Eni, Saipem, reagisce (+1,83% a 7,51 euro) dopo aver infilato sei sedute consecutive al ribasso.