Abruzzo, Campania, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte e Puglia. Queste sono le otto Regioni italiane che hanno presentato al Ministero dell’Economia una domanda formale per far sì che venissero autorizzate a ripagare i prestiti obbligazionari in circolazione e i connessi contratti derivati accessori. Le stime parlano di un controvalore totale dell’operazione di circa 17 miliardi di euro.
Si parte dal presupposto che le Regioni conseguono un finanziamento di importo uguale al loro debito da estinguere dallo Stato che, in contemporanea, emetterà nuovi BTP dello stesso controvalore. Il vincolo imprescindibile però è che il saldo, dal punto di vista del debito pubblico, sia pari a zero. Pertanto, l’operazione effettuata da ogni singola Regione riesce positivamente soltanto se quanto avuto dallo Stato riesce a coprire tutti i debiti (in titoli e in derivati) che sono da estinguere. E qui ci sono sia vantaggi che anche altissimi ostacoli tecnici.
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È interesse delle regioni riuscire ad azzerare i debiti in circolazione dal momento che potrebbero finanziarsi a tassi più vantaggiosi e, principalmente, togliere i derivati. Da una parte, infatti, i debiti regionali pagano al momento interessi molto più alti rispetto a quelli a cui potrebbero finanziarsi con lo Stato: il tasso del BTP trentennale è al di sotto del 4% mentre gli interessi di molti titoli regionali sono anche pari al doppio di questa percentuale.
La struttura sottostante del debito, in più, è spesso articolata poiché legata a contratti derivati (stipulati con banche estere specializzate in bond strutturati) che nei prossimi anni potrebbero procurare forti minusvalenze al conto economico delle Regioni. In ogni caso, perchè, l’operazione possa realizzarsi è indispensabile, come detto, che i bond quotino al di sotto della pari.