Non si può dire sia stata un’assemblea tranquilla, e non poteva esserlo dal momento che i piccoli soci di Seat hanno dovuto prendere atto di quanto è successo e votare le misure di preparazione al concordato. Che per loro, vuol dire quasi sparire dall’azionariato (avranno lo 0,25% contro l’attuale 99,75% più un 5% futuro, con l’esercizio dei warrant).
La rabbia era tanta, anche nei confronti dell’attuale management subentrato con l’ultima ristrutturazione finanziaria del 2012 (che aveva visto l’ingresso massiccio dei creditori di Lighthouse nell’azionariato). Il presidente Guido De Vivo ha cercato di contenere il rancore e le critiche dei piccoli soci: “Questo è un consiglio assolutamente indipendente, che ha subito non irrilevanti pressioni da moltissime parti e ciò nonostante ha tenuto la barra dritta e ha portato avanti operazioni sulla base delle proprie convinzioni professionali ed etiche”.
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E ancora: “Siamo qui per mero spirito di servizio non certo per tornaconto, se avessimo saputo quello che ci aspettava non avremmo accettato”.Ma lo stesso è arrivata la ribellione dei piccoli soci. “La società doveva fallire già nel 2005”, accusa un azionista.
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Molti ironizzano sul warrant, un impegno indirizzato a finire come altro: “Morirà anche il prossimo progetto” dice un azionista “intanto i soldi ve li siete presi: bravi bravi, siete proprio una bella compagnia”, riferendosi alla passata gestione. Altri dicono “Vergogna” e molti ce l’hanno con le banche e gli alti interessi pagati sul debito. In ogni caso le perdite avute da molti piccoli azionisti sono tante.