Per lo Stato italiano chi ha un reddito che supera i 3 mila euro all’anno non può essere definito povero. Non ha diritto a un aiuto. La social card, alla fine dello scorso anno avrebbe dovuto dare un piccolo contributo mensile a 50 mila persone – come indicato dal governo – ma invece non ne interesserà più di 11 mila, ma non ha versato un euro quasi a nessuno, anche se i soldi sono disponibili da un anno.
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Nel gennaio 2013 l’allora ministro Fornero rivide la vecchia social card introdotta dai governi Berlusconi testandola nelle 12 città con più di 250 mila abitanti. L’intento è di erogare da 231 a 404 euro al mese, a seconda delle circostanze, per un anno. In estate il governo Letta avvia i procedimenti. I comuni pubblicano i bandi per raccogliere le domande. Ne giungono meno del previsto, ma le città uniscono le graduatorie e le inviano all’Inps. Il governo ha promesso di erogare i primi soldi a dicembre.
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Ma l’Inps risponde a marzo. A Torino sono accolte 350 domande su 4900, a Napoli 880 su 2.800, a Bari 321 su 1.100, a Milano 600 su 1500, a Firenze 66 su 500. I poveri non sono abbastanza poveri per l’Inps, che ha messo paletti così inflessibili da far diventare la social card un “vantaggio” per pochi, per chi ha un reddito Isee inferiore a 3 mila euro, figli a carico, una casa con rendita bassissima, non aver acquistato un’auto o una moto nell’ultimo anno e mille altri requisiti.