Il sistema retributivo dei dipendenti della Camera va riformato. Così, ecco il ‘nulla osta’ da parte dell’Ufficio di presidenza per i tagli agli stipendi nell’ambito delle operazioni di spending review. Il salary-cap si attesta ora intorno ai 240.000 euro, con sottotetti retributivi per ogni categoria.
La riforma è stata approvata con tredici sì, cinque astenuti e due non partecipanti al voto. Nello specifico, sono stati tre componenti dell’Ufficio della presidenza del Movimento Cinque Stelle ad astenersi, al pari di Davide Caparini (Lega) e Stefano Dambruoso (Sc).
Il provvedimento, in maniera analoga, dovrebbe riguardare anche il Senato.
I non partecipanti al voto sono stati Simone Baldelli di Forza Italia e Edmondo Cirielli (Fdi). La decisione è stata contestata dai sindacati rappresentanti i lavoratori di Montecitorio, recatisi oggi presso l’Ufficio della presidenza. Queste le motivazioni della loro protesta:
E’ falso dire che non ci sentiamo in dovere di fare la nostra parte. La possibilità di discutere le nostre proposte ci è stata completamente vietata, come quella di formulare controproposte. Risulta incomprensibile soprattutto la ragione per la quale si vorrebbe negare un trattamento analogo a quello applicato ai dipendenti del Quirinale (tetto di 240mila euro e contributi straorinari) il cui recepimento è stato pure richiesto dalla stragrande maggioranza delle organizzazioni sindacali.
Il provvedimento disposto dall’Ufficio della presidenza del consiglio, nell’ambito delle operazioni connesse al taglio degli stipendi, è solo il primo di una lunga serie. Dal prossimo gennaio, gli Stenografi del senato potranno guadagnare massimo 172 mila euro, i documentaristi e i ragionieri tecnici 166 mila, i segretari della Camera e i coadiutori del Senato 115 mila e i ‘commessi’ 99 mila.