Tari in aumento del 20%

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La Tari, imposta sui rifiuti che ha rimpiazzato la Tares, potrebbe costare quest’anno ai contribuenti fino a 10 miliardi di euro, di cui quattro a carico delle aziende.

L’incremento, pari a quasi il 20% sullo scorso anno e a oltre il 100% dal 2008 , è stato provocato dal susseguirsi di nuove tasse e poi di ritocchi verso l’alto della tariffa da parte dei comuni in tutta Italia.

A uscirne in maniera difficile sono le imprese della somministrazione e del turismo: da alberghi, ristoranti e bar arrivano complessivamente 1,2 miliardi del gettito Tari. E’ quanto emerge dal report di Confesercenti, sulla base di un’indagine sull’incidenza della tassa sui rifiuti nei vari capoluoghi di regione italiani con l’esclusione di Trento dove vige una tariffa non confrontabile. “Più che una tassa legata ad un servizio – spiega Massimo Vivoli, presidente di Confesercenti – la Tari sembra essere ormai diventata un’imposta locale basata sulla superficie dell’attività e del tutto slegata dalla effettiva produzione di rifiuti e dall’efficienza dei sistemi di raccolta”.

Dalle rilevazioni emerge una babele tributaria in cui, a parità di condizioni, si rilevano forti differenze da città a città non solo in merito all’importo della tassa, ma anche in merito alle esenzioni e alle agevolazioni e relativamente alla qualità del servizio e alla sostenibilità ambientale. Tra i comuni capoluogo d’Italia, a Napoli si registra la Tari media più alta a carico delle imprese del commercio e del turismo: 5.567,89 euro, un valore l’84% superiore a quello di Milano.

In seconda posizione Firenze, dove le attività dei due comparti pagano in media 4.975 euro l’anno, seguita da Roma (4.902 euro). La Tari media più leggera si versa, invece, a L’Aquila: sono 1.473 euro l’anno, il 278% in meno in confronto a Napoli.

 

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