Nel momento in cui la cessione di un ramo d’azienda è costruita ad arte per rendere più difficoltosa la riscossione di un tributo, si può parlare di reato ai danni del fisco, senza alcun dubbio. Questo, in sintesi, il principio contenuto in una sentenza, la n. 49091/2012 della Corte Suprema.
In pratica ci sono delle operazioni societarie che in linea di massima possono essere considerate legittime, per esempio la cessione d’azienda o la scissione della stessa, ma se queste operazioni hanno per scopo quello di sottrarre al Fisco la possibilità di riscuotere un tributo, allora possono essere classificate tra le operazioni fraudolente commesse dalle due imprese coinvolte.
Il fatto che si parli di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, non dipende dalla responsabilità solidale delle aziende interessante. Già nel 2011 i giudici erano intervenuti per spiegare che
“anche se le società nate con le operazioni di scissione sono obbligate, in solido con la cedente, al pagamento delle imposte e delle sanzioni accertate a carico di quest’ultima, l’operazione fraudolenta avrebbe raggiunto lo scopo di far gravare su altri i debiti d’imposta”.
Il caso specifico che ha portato all’ennesimo pronunciamento è quello di alcuni manager che hanno effettuato delle cessioni d’azienda infragruppo al fine di ostacolare la riscossione della Tarsu.