Si discute sovente di tax rulings. Così, la commissione speciale del Parlamento europeo invita le società multinazionali a fornire nei loro ‘report’ Paese per Paese i dati inerenti i profitti fatti, alle imposte pagate e ai sussidi ricevuti dagli stati.
Nel contempo, l’Ue chiede di introdurre una chiara definizione della ‘sostanza economica’ e di altri fattori determinanti dei ‘conti’ fiscali delle imprese. Sono queste le conclusioni alle quali sono arrivati i deputati della commissione speciale istituita otto mesi fa in seguito allo scandalo Luxleaks. Inoltre, sul tavolo pende sempre la minaccia alle multinazionali che rifiutano di partecipare alle audizioni della commissione speciale di chiudere la porta del Parlamento europeo ai loro rappresentanti a Bruxelles.
La valutazione dei parlamentari della commissione speciale (che sarà sottoposta al vaglio della plenaria a novembre) è che “l’attuale concorrenza fiscale che promuove la pianificazione fiscale aggressiva e favorisce l’evasione – senza un quadro di riferimento concordato è dannosa”. A parte la perdita di gettito per le casse degli stati, “è considerato ingiusto che le grandi società paghino pochissime imposte sui loro profitti mentre i cittadini e le piccole e medie imprese devono pagare interamente la loro quota” al fisco.
Di qui la necessità di un accordo che permetta di assicurare che i ‘tax rulings’, cioè gli accordi fiscali preventivi che le imprese raggiungono con le amministrazioni fiscali nazoinali sulla determinazione dell’aliquota fiscale e sulla determinazione dei prezzi di trasferimento di beni e servizi all’interno dello stesso gruppo, non siano il veicolo di aiuti di stato illegali. Ciò è già stato messo in luce nei casi dei ‘tax rulings’ che Fiat finance and trade ha concordato con il Lussemburgo e Starbucks con l’Olanda.