Le associazioni di consumatori iniziano l’anno con una serie di accuse che da un lato evidenziano la penalizzazione a livello europeo dei cittadini italiani, e dall’altro mettono in guardia tutti rispetto al comportamento delle banche.
Sono trascorsi ben 12 mesi, dal novembre del 2011 all’ottobre del 2012, un arco di tempo sufficiente per avere un quadro preciso di quel che è successo ai tassi d’interesse applicati dalle banche su mutui e prestiti. L’aumento degli spread ha consentito agli istituti di credito, specie in Italia, di acquistare liquidità a tassi agevolati dalla BCE, senza un reale “guadagno” per i cittadini che al contrario si sono visti applicare differenziali troppo alti.
L’incremento dello spread ha praticamente raddoppiato la differenza tra i tassi medi applicati nel nostro paese e quelli medi che sono in vigore nel resto dei paesi dell’area Euro.
Il dato di cui stiamo parlando è stato rendicontato dall’Adusbef e da Federconsumatori che hanno illustrato in termini quantitativi la penalizzazione degli italiani rispetto agli omologhi cittadini dell’Unione Europea, almeno sul versante mutui e prestiti.
In pratica il differenziale, nel novembre del 2011, tra Italia e UE era di 67 punti per i mutui e di 84 punti per i prestiti. Nel giro di un anno si è passati ad uno spread di 139 punti per i mutui e di 188 punti per i prestiti. Cosa vuol dire praticamente?
Che un mutuatario italiano che chieda un prestito di 100.000 euro da rimborsare in 30 anni pagherà rate di 72 euro più pesanti rispetto ad un altro cittadino europeo e per un prestito di 30.000 euro da rimborsare in 10 anni, invece, pagherà 5 euro di più al mese.