Tfr, gli italiani preferiscono averlo a fine carriera

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Continua a far discutere la proposta governativa di trasferire una parte del trattamento di fine rapporto in busta paga. Ma gli italiani non sono d’accordo. Solo una parte di loro lo vorrebbe sotto forma di stipendio. Una fetta ancora più ridotta lo utilizzerebbe per qualche forma di previdenza complementare. Il provvedimento, dunque, continua a dividere l’opinione pubblica. Lavoratori e imprese si interrogano. Tra queste, le Pmi connesse a pmItalia ritengono che la misura dell’esecutivo Renzi bloccherebbe i cosnumi. La famiglia ha paura del futuro, e una ‘mossa’ del genere bloccherebbe le vendite.

Ma le aziende temono anche il rischio del credito. Per versare parte del trattamento di fine rapporto che i lavoratori maturerebbero a fine carriera, dovrebbero indebitarsi e peggiorare la loro situazione.

Gli esperti dicono:

Il Governo dopo gli 80 euro in busta paga, sta pensando ad altre misure che possano rilanciare i consumi e ha rispolverato una proposta che circolava già da tempo: mettere il Tfr (o una sua parte) direttamente in busta paga. Per i lavoratori potrebbe essere una opportunità in più che non necessariamente andrà a indebolire la già fragile previdenza complementare, ma offrirà loro la possibilità, oltre che di spendere il proprio denaro come vorrebbe il Governo, anche di investirlo in un risparmio ‘fai da te’ a fini previdenziali che non passi forzatamente attraverso il risparmio gestito. Ma perché sia realmente una opportunità è importante che l’inserimento del Tfr in busta paga sia fatto bene. In particolar modo occorre che quei soldi conservino comunque la tassazione (più favorevole) prevista per il Tfr e non finiscano a dover pagare la (più salata) aliquota marginale d’imposta.

 

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