Un’interessante riflessione della Fondazione Studi consulenti del lavoro dimostra a chi conviene, sulla base della tassazione attuale sui redditi, optare per il TFR in busta paga. Di seguito la tabella con l’elaborazione dei dati, una riflessione sul senso dell’agevolazione e una riflessione del Corriere Economia.
Il TFR in busta paga è una misura economica rivolta ai lavoratori dipendenti del settore privato che possono scegliere di avere il trattamento di fine rapporto in busta paga per tre anni. La scelta che faranno sarà irreversibile e qualora fosse esercitata l’opzione, questa è irrevocabile fino al 30 giugno 2018.
> TFR in busta paga, cosa bisogna sapere?
Il TFR in busta paga, in poche parole, è conveniente soltanto per coloro che guadagnano fino a 15.000 euro al mese e hanno già una discreta anzianità lavorativa. A tal proposito la simulazione del Corriere Economia basata sui dati della Fondazione Studi consulenti del lavoro è molto esplicita:
Se per i quaranta mesi previsti richiederà in busta paga la liquidazione (pari al 6,91% della retribuzione lorda), un trentenne con un reddito attuale di 13mila euro netti l’anno incasserà 2.800 euro netti, cioè settanta euro al mese. In cambio, però, rinuncerà a 4.288 euro al momento della pensione, vale a dire che riceverà il 35% in meno rispetto a quanto otterrebbe lasciandola in azienda, dove si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione. Mano a mano che aumenta l’età, la perdita per chi incasserà il Tfr in busta paga si ridurrà. Così, per esempio, un cinquantenne con un reddito attuale netto di 26mila euro, per i quaranta mesi previsti riceverà 5.480 euro netti, vale a dire 137 euro il mese. In cambio, però, il taglio al Tfr sarà del 25%, 7.275 euro in meno.
La tassazione ordinaria cui si aggiungono gli addizionali, risulta penalizzante. In più avere un reddito maggiore è penalizzante ai fini della redazione dell’ISEE.