Nell’Unione europea una sigaretta su dieci proviene dal mercato nero. In Italia è “solo” una su venti, tuttavia il consumo di bionde illegali è cresciuto del 20% durante l’ultimo anno raggiungendo i 4,42 miliardi di sigarette.
Questa cifra equivale nello specifico al 5,6% del mercato. E’ quanto si evince dall’ultimo rapporto di Kpmg, realizzato per British American Tobacco, Imperial Tobacco, Japan Tobacco e Philip Morris. A subirne le conseguenze, però, non solo i produttori, quanto piuttosto le casse dello Stato: l’illegalità crea per l’erario un buco di mancate entrate per quasi 800 milioni, se infatti il totale di sigarette contraffatte o contrabbandate fosse stato acquistato legalmente, lo Stato avrebbe raccolto introiti per circa 770 milioni.
Nel complesso, anche per via della crisi, il mercato illecito delle sigarette conferma le sue notevoli dimensioni anche nell’Unione europea, con un totale di 56,6 miliardi di sigarette illegali consumate nel 2014, che rappresentano il 10,4% del consumo totale. I costi di questo mercato superano gli 11 miliardi di euro l’anno in mancate entrate erariali, a dimostrazione che il commercio illecito nel suo insieme rappresenta il quinto fornitore di sigarette dell’Unione europea.
Durante ultimi anni, si legge ancora nel rapporto, i flussi di approvvigionamento e la tipologia di prodotti del tabacco presenti sul mercato illecito hanno continuato ad evolversi, mentre quello che era un trend crescente del commercio illegale tra i paesi dell’Ue si è attenuato. Infatti nel 2014 più di 8 sigarette illegali su 10 hanno avuto provenienza extra UE, dato aumentato del 10% rispetto al 2013. Mentre i flussi all’interno dell’Ue continuano a calare, grazie al miglioramento dei controlli implementati dagli operatori del settore sulla catena di fornitura e alla diminuzione dei differenziali di prezzo tra gli stati membri dell’Ue.