Stando al parere del centro studi di Confindustria quello iniziato da pochi giorni sarà l’anno decisivo per guadagnare l’uscita dalla recessione.
Ma su questa previsione non sembra concordare Unimpresa che, in seguito ad un sondaggio condotto sulle proprie 122mila aziende associate, ha esposto in una nota risultati che non sembrano essere molto incoraggianti:
Nessuna prospettiva concreta di miglioramento né indicazioni particolarmente positive: per il 62% delle micro, piccole e medie imprese italiane, il 2015 non rappresenterà la svolta per il rilancio dell’economia. Per tre imprese su cinque la ripresa appare sempre più come un miraggio.Non ci saranno salti di qualità sul versante della produzione e nemmeno sul fronte dell’occupazione: i 12 mesi appena iniziati si preannunciano critici ed estremamente incerti con l’uscita dal tunnel della recessione ancora lontana. Le previsioni sul versante dell’occupazione concordano con quelle rilasciate a dicembre da Confindustria che, per tutto il 2015, parlava di tasso di disoccupazione ancora alto sui livelli dell’anno che ci siamo appena lasciati alle spalle e con un 12,9% di media. Gli imprenditori associati a Unimpresa individuano i problemi e i motivi d’ansia principali nella difficile concessione del credito da parte delle banche, nella difficoltà nel rispettare scadenze e adempimenti fiscali, nei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, nei mancati incassi da clienti privati, nell’impossibilità di pianificare investimenti, nella scarsa flessibilità nel gestire l’occupazione nonostante la riforma contenuta nel jobs act.
Per quanto concerne le esportazioni si fa affidamento sull’attuale quotazione dell’euro con il peso sceso sensibilmente specie in rapporto al dollaro statunitense. Una bassa valutazione della moneta unica potrebbe agevolare gli operatori che detengono una quota consistente di fatturato connessa all’export, tuttavia i vantaggi consequenziali all’andamento valutario potrebbero non bastare a dare slancio agli ordinativi. A bloccaew una crescita delle produzione e quindi delle vendite sono anche in questo caso le voci ‘italiane’: spesa energetica, costo del lavoro, pressione fiscale, burocrazia, infrastrutture, credito bancario”.