Le relazioni diplomatiche tra Usa e Cuba sono riprese dopo cinquantacinque anni. Il presidente statunitenste Obama ha dichiarato che l’embargo subirà un rallentamento e che potrebbe esserci una normalizzazione dei rapporti con Raoul Castro, fratello del leggendario dittatore Fidel Castro alla guida dell’isola.
Obama, anzi, potrebbe anche visitare presto Cuba. Non sarà tuttavia semplice ottenere il ‘nulla osta’ del Congresso alla fine dell’embargo, dal momento che Cuba fu inserita nel 1982 dall’amministrazione Reagan nella lista degli Stati “terroristi”.
Oltre alla diatriba politica, che si preannuncia al fulmicotone, l’allentamento dell’embargo implicherà novità sino ad oggi considerate pressochè improponibili: le aziende USA potranno esportare sull’isola materiale per le costruzioni e potranno costruire infrastrutture per le telecomunicazioni. I gruppi di credito potranno aprire conti con le banche cubane e i cubani residenti in America potranno inviare a Cuba rimesse fino a 8.000 dollari all’anno dal limite dei 2.000 di oggi. Gli americani potranno anche utilizzare sull’isola carte di credito e bancomat, mentre potranno portarsi a casa i famosi sigari fino a un valore di 100 dollari, cosa fino a questo momento vietata. Allo stesso tempo, il comparto privato cubano potrà esportare verso gli USA materiali per l’agricoltura e per le piccole imprese.
A beneficiare da questo cambio di rotta di Washington sarà quasi esclusivamente la piccola Cuba, che potrà aspirare ad aumentare le esportazioni, seppure in maniera ristretta, verso la prima economia al mondo e nel contempo potrà fare più affari con i turisti americani, mentre molte famiglie potranno ricevere legalmente rimesse maggiori dai loro cari in America.
Ma cosa si nasconde dietro l’allentamento dell’embargo? Da tempo Raoul Castro sta cercando di modernizzare l’economia cubana, ancora connessa a un socialismo di vecchio tipo, che nega la libera iniziativa, la proprietà privata dei mezzi di produzione e persino di una casa o di un’auto, malgrado alcune misure liberalizzatrici. L’isola è al collasso, mentre rischia la catastrofe, se il Venezuela smettesse di venderle il petrolio quasi a gratis.
Sostengono gli esperti:
La politica estera di Hugo Chavez prima e di Nicolas Maduro ora consiste nel creare una rete estesa di paesi amici del socialismo bolivariano, attraverso il piano Petrocaribe. Tramite di esso, ogni anno Caracas esporta verso una dozzina di paesi dell’America Latina petrolio a prezzi politici e il cui onere ricade sul bilancio statale venezuelano per ben 44 miliardi di dollari nel solo 2013, pari al 10% del pil. Cuba è il maggiore beneficiario di questa politica, usufruendo di petrolio gratuito per circa 5 miliardi di dollari all’anno. In cambio, L’Avana invia nel Venezuela 50.000 funzionari tra militari e personale medico, il cui mantenimento è, però, notevolmente meno oneroso dei mancati introiti di Caracas.