Nel mirino del Senato Usa ci sono i grandi istituti bancari. Goldman Sachs, Jp Morgan e Morgan Stanley hanno messo a repentaglio la propria attività, esponendosi a drammatici rischi finanziari, a disastri ambientali e a potenziali manipolazioni del mercato mediante investimenti in petrolio, metalli e attività energetiche.
E’ quanto si evince da un rapporto del Senato americano, che menziona uno studio di due anni fa della Federal Reserve di New York. In questo dossier si afferma che le tre banche citate – più quattro gruppi finanziari non identificati – sono a corto di una cifra fino a 15 miliardi di dollari al fine di coprire ammanchi da scenari estremi.
Dall’analisi portata avanti in due anni della commissione permanente d’inchiesta del senato Usa è venuto fuori che il coinvolgimento di Goldman Sachs, Jp Morgan e Morgan Stanley nel mercato delle materie prime fisiche ha messo le tre banche in una posizione tanto vulnerabile quanto quella del colosso petrolifero Bp, al centro di cause legali e di multe miliardarie come risultato della “marea nera” di greggio che si riversò nel 2010 nel Golfo del Messico in seguito all’esplosione della piattaforma Deepwater Horizon.
Queste le dichiarazioni di John McCain, senatore repubblicano in Commissione:
Immaginate se Bp avesse avuto una banca. I costi derivanti dal versamento del petrolio (in mare) l’avrebbero portata al fallimento imponendo un nuovo salvataggio da parte dei contribuenti. Secondo la commissione la presenza delle banche nel mercato delle commodity fisiche ha dato loro accesso a informazioni privilegiate delle quali hanno approfittate per manipolare il mercato o per trarne vantaggio in operazioni di trading. La nostra critica riguarda anche le attività competenti. L’accusa è di non aver agito in modo adeguato per tenere a freno il business delle commodity delle banche. Il tutto avviene mentre la banca centrale americana sta già considerando una restrizione delle attività delle banche in questo comparto.