Una cosa dovrebbe essere certa. Il piano di acquisti della Banca centrale europea è finalizzato al supporto della ripresa. Ma ora è fondamentale l’apporto di politica e imprenditori.
I secondi devono investire, i primi devono premere sull’acceleratore facendo nuove riforme.
Questa è l’idea del governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, il quale si muove sulla falsariga del numero uno della Bce, Mario Draghi, e intervenendo a un convegno all’Accademia nazionale dei Lincei ripete che da sola la Banca centrale europea non è in grado di trascinare il Vecchio continente fuori dal guado della stagnazione. Così Visco:
Il programma Bce di acquisti dei titoli pubblici migliora il contesto macro, riduce l’ incertezza e sostiene la fiducia ma è destinato per sua natura a smorzarsi quando avrà raggiunto l’obiettivo sui prezzi. Dunque, questo è il momento di intervenire strutturalmente sul potenziale si crescita dell’economia, anche perché nonostante i rischi il contesto macroeconomico è in miglioramento. La variabile “decisiva” per il ritorno a una crescita stabile sono gli investimenti privati e in infrastrutture prosegue il governatore secondo cui il piano Juncker può dare un contributo di rilievo, ma saranno soprattutto le imprese a dover agire. In questo senso il deprezzamento del cambio può tramutarsi da impulso temporaneo a spinta permanente all’economia se prelude a un guadagno di competitività, a un più basso tasso di cambio reale al di la del breve periodo.
Il Governatore ha dunque ricordato come l’uscita della lira dallo Sme – il sistema monetario europeo che teneva le valute ancorate all’interno di una banda di oscillazione – negli anni Novanta supportò l’economia, ma non venne usato per ristrutturare l’apparato produttivo portando poi l’Italia a entrare nell’euro con questo svantaggio. Quanto al governo, Bankitalia ribadisce come il contributo che le politiche pubbliche possono dare per sostenere un sistema produttivo complessivamente ancora in forte affanno è soprattutto nella qualità dei “servizi offerti dagli apparati pubblici.