A rallentare non è più soltanto la Cina ma anche i paesi emergenti tra cui spicca il Brasile. Questo paese del Sudamerica, oggi teatro della Confederations Cup ha accolto la protesta della popolazione contro la scelte del governo che spenderà moltissimi soldi per finanziare la competizione sportiva in corso e poi anche i mondiali di calcio del prossimo anno.
►A Krugman non piace l’atteggiamento della FED
Eppure le economie globali non dipendono tanto dai paesi emergenti quanto piuttosto dalla Cina che con il suo rallentamento annunciato ormai dieci giorni fa, sta tenendo con il fiato sospeso le maggiori borse su scala planetaria.
Wall Street è l’esempio lampante dell’interdipendenza delle borse mondiali dall’andamento di quella cinese. Ieri, infatti, le contrattazioni americane si sono chiuse in terreno negativo. L’indice azionario di riferimento, lo S&P 500 ha chiuso la giornata con una flessione dell’1,2 per cento sfiorando i 1.573,09 punti che sono il punto più basso mai toccato da due mesi a questa parte.
►La Cina condiziona gli scambi
In flessione anche il Dow Jones che ha perso ben lo 0,94 per cento ed è arrivato fino a 14.659 punti. Non può mancare certo un riferimento al Nasdaq100 che è arrivato a 2.848,20 punti perdendo l’1,03 per cento. Sicuramente ha influito su questi cali anche la decisione della FED sul Quantitative Easing.